Strana la sensazione di addormentarsi e svegliarsi con la luce, ma tocca abituarsi, perché ad agosto qui è così. Il risveglio per me è abbastanza traumatico, per il semplice motivo che trovo una macchinetta del caffè in ostello, mi illudo per qualche secondo di poter prendere la mia dose di caffeina quotidiana, ma Salvatore mi fa notare che è a gettoni e noi, ovviamente, non abbiamo moneta locale! Breve storia triste! Mentre facciamo colazione realizziamo inoltre che dobbiamo pagare le tre birre prese ieri ma la reception aprirà dopo le 10 e noi per quell’ora saremo già via. Non avendo corone islandesi da lasciare, inizio a scrivere dei messaggi al numero che trovo indicato come riferimento per chiedere un eventuale IBAN per poter pagare. Mai vorremmo tradire la fiducia riposta.
Così tra il pensiero del nostro “debito”, la voglia di caffè e l’ennesimo vano tentativo di socializzare con le strenne artiche, ci avviamo alla scoperta della penisola di Snaefellsness, partendo da Helissandur piccola cittadina famosa per la sua street art. Pur non avendo indicazioni precise, ci basta fare un giro in macchina per trovare le opere realizzate. Il posto è infatti piccolissimo. Non è proprio il mio genere, ma si tratta di bei lavori.
Ci fermiamo, scattiamo qualche foto, ci guardiamo un po’ intorno e alla fine ripartiamo. Quando stiamo per uscire da Helissandur notiamo un posto carinissimo che sembra essere proprio un caffè. Scendo dalla macchina con il cuore pieno di speranze ma niente. È proprio un caffè ma aprirà alle 12 (non fatevi domande sugli orari degli islandesi perché altrimenti davvero non se ne esce più). Qualche piccola imprecazione esce dalle nostre labbra, tanto che i signori che prima di noi si erano avvicinati al locale di girano comprensivi dicendoci “Anche voi italiani vero?”. E lì capisco che urge trovare un supermercato e comprare il Nescafé. Credetemi sarà la mia salvezza!
Lasciata Helissandur entriamo quasi subito nel Parco nazionale di Snæfellsjökull. Il parco non è piccolissimo, per cui ci diamo alcuni punti da visitare. Il primo è il Saxhóll crater uno dei crateri più popolari della penisola. È possibile raggiungere la sua base in auto e poi salire fino in cima attraverso delle scale in ferro inserite sul terreno. Il cratere non è grandissimo, ma la vista da lassù vale il piccolo sforzo da fare: distese di pietra lavica e strade che sembrano non finire mai. Inizio davvero a capire di trovarmi in un posto pazzesco.
Ritorniamo in macchina e ci dirigiamo verso la nostra seconda meta, ovvero Djúpalónssandur. Lì un sentiero circondato da rocce ci porta ad una spiaggia nera dove, oltre delle pietre nere liscissime, troviamo anche i resti di un imbarcazione, risalente al 1948, ancora ben visibili sulla spiaggia (in pratica ci camminiamo in mezzo). Su questa spiaggia pare fosse comune misurare la forza dei pescatori attraverso il sollevamento di sassi di diverse misure e peso. Noi ovviamente non solleviamo nessun sasso, ma anzi ne approfittiamo perfino per sdraiarci un po’ in spiaggia e godere del sole.
Mentre ritorniamo alla macchina, percorriamo anche un sentiero che va verso il versante interno, fino a trovare un laghetto, se sia di acqua dolce o salata non lo sappiamo. Arrivati alla macchina ci accorgiamo di aver parcheggiato proprio di fronte ad un tavolo da picnic per cui ne approfittiamo per definire il programma della giornata e fare uno spuntino. Abbiamo infatti ancora dei rimasugli di cibo che Celeste ha portato dall’Italia più qualcosina della spesa “folle” del giorno prima. Ovviamente oltre al tavolo da picnic ci sono anche dei bagni perfettamente funzionanti, puliti e dotati di carta igienica e igienizzante, cosa che (spoiler) troveremo “ovunque”!
Finita la pausa prendiamo la macchina e ci rimettiamo in marcia verso la sede del Parco nazionale di Snaefellsjokull. Lì vicino c’è un faro ma noi entriamo in sede per recuperare qualche mappa e, soprattutto, per chiedere dove possiamo vedere i pulcinella di mare, ovvero i Puffins. Scopriamo così che non siamo proprio nel posto giusto, ma il ragazzo che lavora lì ci indica come le zone più “papabili”. Usciamo da lì e iniziamo a guardarci intorno. In mezzo al verde che ci circonda Luca sembra vedere qualcosa di molto bello, perché ci chiama e si mette a correre in direzione di quella che sembra una carrucola. Lo seguiamo tutti e iniziamo a lanciarci a turno da questa teleferica (anche se internet pare si chiami zip line) come dei bambini , a giudicare dai sorrisi delle persone che passano lì accanto guardandoci. Tornati adulti (si fa per dire) ci rimettiamo in macchina e raggiungiamo Gatklettur, una formazione rocciosa che, a mio parere, ha la forma di due animaletti che si danno un bacino. Appena arrivati ci troviamo per la prima volta di fronte ad un bar dove è possibile acquistare un caffè e ovviamente ne approfittiamo subito. La signora del bar mi chiede come va ed io innocentemente dico “Bene, a parte un po’ di freddo”. Lei un po’ perplessa mi dice “Freddo? Ma fuori c’è il sole”. Vorrei dirle che l’arietta è comunque un po’ “freddina”, ma alla fine non dico niente, anzi ascolto il suo racconto entusiasta della vacanza che farà in ottobre sulla penisola sorrentina con altre 50 donne. Finito il nostro “caffè” ci dirigiamo alla scogliera. È davvero un posto bellissimo. Le onde del mare si infrangono su queste rocce che sembrano un’opera d’arte. In realtà lo sono, solo che a crearle è stata la natura e non un artista qualunque.
Ovviamente Luca deve farmi perdere questi 10 anni di salute cercando di farsi foto in posti pericolosi, ma questa è un’altra storia. Lasciamo le rocce affettuose che si scambiano bacini e ritorniamo indietro verso l’ostello. Celeste infatti ha dimenticato il suo giubbotto arancione risolvendo il nostro dilemma sul come pagare le tre birre della sera precedente. Torniamo così in ostello, recuperiamo il giubbotto e scopriamo che la birra qui in Islanda è un bene di lusso, visto che per tre lattine abbiamo speso ben 27 euro!! Piano piano ci riprendiamo dallo shock della birra e ci ritroviamo a Kirkjufell, uno dei posti più fotografati d’Islanda. Si tratta infatti di una montagna alta 463 metri sul livello del mare utilizzata come set per alcuni episodi del trono di spade. La montagna fa inoltre da sfondo a due cascate, le Kirkjufellsfoss. Devo dire che questo luogo, pur essendo molto bello, non mi ha emozionato come tanti altri posti visti durante le due settimane trascorse in Islanda. Ci lasciamo alle spalle Kirkjufell e ci dirigiamo verso Stykkishólmur (anche detto amichevolmente Stykkyo per abbreviare), attraversando la Sword Road, ovvero una strada sull’acqua a forma di spada. Inutile dirvi che dobbiamo ringraziare Luca e il suo drone per aver potuto godere della bellezza di questa strada, poiché passandoci sopra non si vede poi molto. All’ora di pranzo arriviamo a Stykkyo e decidiamo di pranzare con quello che sembra essere un’istituzione culinaria islandese: l’hot dog. Non ci crederete ma l’Islanda è davvero famosa per i suoi hot dogs, e a Stykkishólmur pare ci sia il furgoncino con i migliori hot dogs del paese. Decidiamo quindi di fidarci della Lonely Planet e di assaggiarli. E ne rimaniamo talmente soddisfatti da fare anche il bis. Piccolo consiglio: se leggete tra gli ingredienti “Chips” non immaginatevi le patatine come ho fatto io, perché in realtà si tratta di patatine tipo le San Carlo, spezzettate dentro il panino. Davvero ottimo. Dopo la pausa hot dogs facciamo una sosta al supermercato per fare provviste e poi un giro per il paese, arrivando fino al farò giù in fondo, luogo dove potrebbero trovarsi i pulcinella di mare, ma che purtroppo noi non vediamo.
A questo punto siamo pronti per metterci in viaggio verso la nostra prossima zona da visitare ovvero i fiordi occidentali. Per raggiungerli ci mettiamo circa due ore e mezza di macchina, attraversando paesaggi da cartolina. Arriviamo a destinazione verso le 19:30, e ciò significa che abbiamo 3 ore abbondanti di luce prima del tramonto. La casa che abbiamo affittato è bellissima e ce ne innamoriamo subito. Ha un salotto con una grande vetrata con delle poltrone reclinabili dalla quale si vedono in lontananza i fiordi, oltre ad un barbecue e alla possibilità di acquistare degli hamburger e panini provenienti dalla fattoria della proprietaria (cosa che ovviamente noi facciamo). Inoltre a circa 10 minuti da casa e possibile raggiungere una cascata molto molto carina (altra cosa che ovviamente noi facciamo). L’unico “inconveniente” se così si può definire, è che non saremo da soli. Oltre le nostre camere, infatti, c’è ne è un’altra dove dovrebbe dormire una coppia tedesca che sembra aver fatto molto tardi. Il nostro secondo giorno in Islanda finisce così, dopo una cena all’aperto davanti casa con un hamburger cucinato sul barbecue e un dopo cena fatto di relax in poltrona guardando il crepuscolo islandese prima di mettersi a dormire, in attesa di altre meraviglie.