Il nostro terzo giorno in Islanda sarà una lunga giornata. Lo sappiamo fin dal mattino e quindi cerchiamo di prepararci mentalmente. Oggi, infatti, visiteremo i fiordi occidentali, quelli che in molti saltano per mancanza di tempo, perché effettivamente per andare da un punto all’altro bisogna fare molta strada. I collegamenti sono fatti da strade che costeggiano i fiordi. Quindi, per intenderci, capita di percorrere una strada e vedere dall’altra parte del fiordo la sua continuazione. In pratica se ci fossero dei ponti tra le due sponde sì recupererebbe un sacco di tempo.
Ma i ponti non ci sono (e da un lato è molto meglio), per cui ci armiamo di pazienza pronti a godere dei paesaggi meravigliosi che vedremo. Ed infatti è proprio così, verrebbe da fermarsi ogni minuto per fotografare quello che abbiamo intorno, mentre invece noi “sovversivi” decidiamo semplicemente di guardare dal finestrino e immortalare tutto nel nostro cuore.
Così senza nemmeno accorgermene arriviamo alla nostra prima destinazione ovvero Hellulaug, dove si trova una hot pot (se decidete di andare in Islanda dovrete iniziare a familiarizzare con questo termine, che significa semplicemente vasca di acqua calda termale naturale). In realtà la pozza non è visibile dalla strada e, nonostante le indicazioni di Google Maps non riusciamo a trovarla subito. Così alla fine ci tocca fermarci in una stradina e far partire il drone per capire dove si trovi. Insieme a noi c’è una coppia di Catania che capiamo avere lo stesso nostro “problema”. Alla fine ci rimettiamo tutti in macchina e arriviamo a destinazione. La hot pot è proprio davanti al mare, per cui è possibile fare il bagno sia nell’oceano ghiacciato che nella pozza calda, (ovviamente solo per veri temerari ed io sono troppo frettolosa per esserlo). Essendo una vasca naturale troverete un apposito cartello che vi avvisa del fatto che l’acqua non è controllata e che quindi potete immergervi ma a vostro rischio e pericolo. Ammetto che la possibilità di farmi venire una dermatite non era allettante, ma la voglia di provare questa esperienza alla fine ha prevalso. Così ci avviciniamo alla pozza e con immensa fatica ci spogliamo rimanendo in costume. Per fortuna solo 3 piccoli passi mi separano dalla vasca, altrimenti credo sarei svenuta dal freddo. La fatica è comunque ampiamente ripagata dalla goduria di immergersi in 38° gradi di acqua termale con vista fiordo. Non so quanto tempo passiamo a mollo, ma davvero non abbiamo voglia di andar via, per di più ci siamo messi a chiacchierare con la coppia di Catania, per cui non ci accorgiamo più del tempo che passa. Ad un certo punto però vediamo arrivare altre persone e non ci sembra carino monopolizzare la vasca. Così usciamo e, a sorpresa, senza grandi traumi. L’acqua infatti ci ha riscaldato così tanto che anche in costume e bagnati non sentiamo freddo.
Mentre ci rimettiamo in macchina decidiamo di fare uno spuntino (che poi sarà il nostro “pranzo”). Mangiamo quello che abbiamo in macchina mentre attraversiamo dei paesaggi meravigliosi. Saliamo per strade sterrate lungo i vari fiordi, circondati da muschio verde e rocce, e poi ancora mare, muschio e macchie di neve. Tutta questa bellezza mi porta sempre a chiedermi se davvero la meraviglia della natura sia frutto del “caso” o di qualcosa di divino. Io non lo so, ma so di essere enormemente fortunata a poterla vedere e vivere, a poter considerare questo mondo “casa mia”.
Dopo circa mezz’ora di macchina arriviamo alla cascata di Dynjandi e tutte le sensazioni vissute lungo la strada, se possibile, si amplificano. Sarà che è la prima cascata “importante” (da un punto di vista della potenza) che vediamo, sarà che siamo solo all’inizio di questo viaggio, sarà la pioggerellina leggera che avvertiamo scendendo dalla macchina, ma ne rimaniamo davvero tutti colpiti. La chiamano “il velo di sposa” per la sua particolare distribuzione, anche se in islandese il suo nome dovrebbe significare “fragorosa”, ed effettivamente lo è. Prima di incamminarci verso la cascata troviamo un bagno pubblico non soltanto pulito, ma anche riscaldato, e con il venticello freddo che tira all’esterno è davvero una manna dal cielo. Prima di arrivare ai piedi di Dynjandi bisogna percorrere un piccolo e piacevole sentiero in salita dove si incontrano altre due piccole cascate . E alla fine arriviamo di fronte questa maestosa forza della natura. Ci scattiamo delle foto, ci fermiamo più volte a guardarla, ed io mi sento già troppo innamorata di questa isola.
Non abbiamo fretta, ma sappiamo di dover fare un bel pezzo di strada. Cerchiamo varie soluzioni per non dover rifare la stessa strada, ma alla fine cambiare tragitto ci farebbe allungare di parecchio, per cui a malincuore decidiamo di tornare sui nostri passi. Un po’ dormiamo, un po’ cantiamo, un po’ osserviamo ancora la natura che ci circonda, finché ad un certo punto, passando accanto ad una pompa di benzina, leggiamo la parola “coffee”. Sembra un miraggio nel deserto, tant’è che freniamo, torniamo indietro e percorriamo il vialetto che porta a questo ipotetico bar. Troviamo un posto che è un incrocio tra un bar e un negozio di souvenir, e oltre al caffè usciamo da lì con della cioccolata (io) e del pesce essiccato. Lo compriamo senza nemmeno capire bene quanto costi, spinti in egual misura dalla curiosità e dalla fame. Io, avendo ancora in bocca il sapore del cioccolato, decido di non assaggiarlo, ma agli altri sembra piacere molto. Piccolo inconveniente: puzza da morire! Anche ad un metro di distanza si sente un odore di pesce fortissimo, come fossi nel bel mezzo di un peschereccio. Per riporlo in macchina dobbiamo sigillarlo dentro un ulteriore sacchetto e poi chiuderlo dentro il cassettino porta documenti della macchina. Ripeto puzza un sacco, ma per rigor di cronaca, devo dirvi che ai miei compagni di viaggio è molto piaciuto. Prima di andare alla nostra sistemazione della sera facciamo una sosta obbligata al supermercato. Dobbiamo infatti provvedere alla cena e alla colazione del giorno dopo.
Ormai siamo diventati troppo bravi con la questione supermercato, per cui non ci mettiamo molto a decidere che a cena mangeremo pasta con il sugo, d’altronde dormiremo in un posto in mezzo al nulla e siamo pur sempre italiani. Arrivati a destinazione, ovvero a Stóra-Ásgeirsá, troviamo una ragazza con delle bambine ad accoglierci. Ci da vedere la casa e soprattutto ci chiede se vogliamo utilizzare la hot pot privata che sta sul retro della casa. Ovviamente diciamo di sì, ed in attesa che sia pronta ne approfittiamo per fare un briefing sulla giornata di domani. Mentre siamo presi a capire quali stop fare, sentiamo bussare alla porta che comunica tra il nostro appartamento e quello del nostro host. Apriamo la porta e abbassando lo sguardo vediamo le due bambine intraviste all’arrivo. Ci hanno viste guardare i cavalli e in un inglese perfetto ci chiedono se vogliamo andare con loro a vederli. Io inizialmente finisco di pianificare alcune cose con gli altri, mentre Celeste accetta volentieri. Alla fine del tour le raggiungo e mentre stiamo chiacchierando con propongono di fare un gioco che loro fanno spesso, ovvero correre come un cavallo e vedere chi è più veloce. Il risultato è abbastanza esilarante. Ci ritroviamo a correre all’interno di una stalla, con queste due bambine che tengono il tempo con un frustino in mano. Facciamo più giri e ridiamo tutte insieme, come se fossimo davvero delle bambine anche noi.
Poi arriva il padre di una delle due, nonché nostro host e decidiamo di rientrare. Prima di andare però lui ci chiede se per caso vogliamo delle birre da bere dentro la vasca di acqua calda ed è inutile dirvi qual è stata la mia risposta. In meno di 5 minuti ci ritroviamo a correre infreddoliti dietro casa con una Viking (la birra) in mano. Ci immergiamo nell’acqua calda, cullati dal rumore del ruscello che si trova accanto alla proprietà. E dopo aver insultato Luca che guarda la partita della Reggina dal cellulare, iniziamo a parlare di amicizia, emozioni, di noi. Ed uno di quei momenti li, quelli che poi il tempo passa ma io me lo sono come tatuato nel cuore e non lo dimentico più.
Dopo un po’, uno alla volta, torniamo dentro e ci docciamo, e man mano che siamo pronti iniziamo a cucinare. Scopriamo di avere una fame assurda e ringraziamo il cielo di aver comprato anche dei fagioli in scatola che mangiamo. È stata una lunga giornata, ma è stata bella. E penso che tutte le giornate dovrebbero finire così, con il sorriso sulle labbra e due braccia che ti tengono stretta stretta.