Ogni volta che parto per un cammino faccio lo stesso errore. Mi illudo di poter raccontare giorno per giorno i miei passi e le mie sensazioni. Ma per poter fare una cosa simile, dovrei essere una di quelle persone in grado di ritagliarsi almeno 30 minuti ogni sera, per mettere insieme gli avvenimenti ed i pensieri del giorno, traducendoli in frasi di senso compiuto. Ma la verità è che io non sono così. Io quei 30 minuti ho preferito sempre investirli in chiacchiere, risate, abbracci, o anche solo momenti in cui far vagare semplicemente i miei pensieri.
Per cui eccomi qui, a quasi 10 giorni dalla fine del mio cammino, pronta a cimentarmi nella faticosa impresa di spiegarvi cosa è stata per me la Magna Via Francigena.
E l’impresa è davvero faticosa, per tanti motivi. Intanto ci sono un sacco di aneddoti, incontri e fatti da raccontare. Poi ci sono le emozioni. Come si spiega la meraviglia? e la gioia? come si traduce la gioia? E se mischiamo la meraviglia con un batticuore cosa succede? il risultato come lo si spiega a chi non lo ha sentito?
Insomma, capite che non è proprio semplicissimo. Però, d’altronde, la storia ci insegna che le cose difficili sono quelle che mi piacciono di più, per cui…iniziamo!
In tanti mi hanno chiesto “Ma è più bello del Cammino di Santiago?” Diciamo che a me questo tipo di paragoni non piacciono. E’ come quando ti chiedono: “è più bella Parigi o Londra?”. Sono diverse. Punto. Ognuna è bellissima a modo proprio, ed è così anche per la Magna Via Francigena.
Però, effettivamente, la Magna Via ha un qualcosa in più. Tralasciamo l’aspetto gastronomico perché su quello penso non ci sia proprio storia. Cioè…ma voi li avete mai assaggiati i cannoli di Santa Cristina Gela? di cosa stiamo parlando?
Il vero punto di forza per me è un altro, ovvero, le persone. La gente che incontri lungo la strada è qualcosa che ti scalda il cuore e ti entra dentro. Tu hai voglia di parlare con loro, e loro hanno voglia di parlare con te. Per molti di loro, forse, siamo stati una boccata di aria fresca, di novità e di allegria, con le nostre domande e richieste strane (“ma lei la conosce la canzone che fa pepperepeppere po perepere?”). Per me, invece, loro sono stati come delle carezze. In ogni pastore che ho incontrato ho rivisto mio nonno, la sua allegria, la sua generosità.
Ci hanno fatto entrare dentro le loro case, per permetterci di andare in bagno o per offrirci dell’acqua. Ci hanno raccontato pezzi della loro vita passata (“Io ho sempre vissuto a Castronovo, tranne per 73 giorni”) e presente (“Questo bastone l’ho comprato a Mussumeli dai cinesi, e mi è costato meno che comprarlo dalla televisione”). Il 25 aprile ci hanno, addirittura, “adottati” tutti. A 500 metri da Cammarata, infatti, ci siamo ritrovati a far parte di una grande famiglia con tanto di grigliata, vino, birra, musica e dolci alla ricotta. Situazioni così belle da sfuggire perfino alle previsioni dell’animo più ottimista. Eppure è successo. In ogni luogo ci siamo sentiti a casa.
A Cammarata ci siamo addirittura schierati politicamente. Ci siamo ritrovati ad ascoltare le ragioni dei ragazzi del movimento del SI al referendum per l’unione di Cammarata e San Giovanni Gemini, e ci siamo appassionati alla loro causa e alla loro voglia di cambiamento e di speranza per il futuro. La stessa voglia l’abbiamo ritrovata a Prizzi, chiacchierando con Totò e con i ragazzi del Bluegames. L’atmosfera di Prizzi è davvero difficile da spiegare. Mi auguro davvero che il cammino prenda piede e che possa rappresentare per loro una risorsa, nella maniera più sostenibile che esista, in modo da non stravolgere la magia che si trova tra i suoi vicoletti e tra la sua gente.
Insomma la Sicilia, con i suoi paesaggi e luoghi meravigliosi (mi viene da pensare al lago di Prizzi, alla riserva Carcaci, a Sutera, Cammarata, Prizzi, etc.) e la sua altrettanto meravigliosa gente, ci ha fatti innamorare.
Tuttavia, c’è un altro ingrediente che contribuisce a rendere un cammino “magico”: i compagni di viaggio.
Io in questo sono sempre stata iper fortunata, e a dimostrazione di ciò sono partita con Alessio, conosciuto meno di un anno fa all’aeroporto di Lourdes. E chi poteva immaginarlo che dopo pochi mesi ci saremmo rimessi in cammino insieme in Sicilia? Io, Alessio e Sara siamo partiti come un trio improvvisato, ma non avremmo davvero potuto essere più compatibili di così. Ci siamo supportati e sopportati a vicenda. Si perché la stanchezza a volte fa brutti scherzi. Non dimenticherò mai la sera a Corleone, dopo una giornata fisicamente impegnativa, le reazioni avute da me e da Sara. Lei quasi sotto shock, talmente tanto da scambiare i piumoni sul letto per delle persone; io in preda ad una crisi di nervosismo che inveivo contro una presa della luce, e il povero Alessio che cercava di aiutarmi mentre io gli dicevo “no guarda lascia stare, tanto non entra” (ovviamente entrava!!).
Alle nostre risate quotidiane si sono poi uniti Salvatore, Giusy, Mauro, Antonella, Francesca, Valentina, Gabriele, Danilo e il gruppo Milano, i tedeschi, Giovanna e Davide. Ognuno di loro ha contribuito a rendere questo viaggio speciale. E non li ringrazierò mai abbastanza per questo!
Ancora una volta, inoltre, mi sono accorta di come sia facile per me lasciarmi andare all’amicizia. Avere una fiducia tale verso un sentimento che riempie la mia vita ogni giorno. E ancora una volta, invece, mi sono accorta di come sia difficile farlo su altri fronti. Di come sia difficile tirar fuori determinati sentimenti, di come certe cose mi facciano davvero paura. Ho pensato tanto a questo, soprattutto dopo essere tornata. Vorrei dirvi che ho imparato qualcosa da questa mia riflessione, ma sarebbe una bugia (ed il mio naso è già abbastanza lungo).
Posso però dirvi cosa ho imparato dalla Magna Via. Ho imparato che la bellezza a volte è dietro l’angolo, dentro una parola scambiata per strada, dentro un sorriso, e che esiste un modo molto semplice per scoprirla. Basta mettersi in cammino!