Mi sveglio con due certezze: 1. Non ho visto passeggiare tra i letti il Beato Guglielmo incappucciato. 2. Ho un principio di tendinite. Appena poggio il piede giù dal letto sento la gamba sinistra lanciarmi un chiaro messaggio. La immagino quasi a farmi una linguaccia dispettosa e mi demoralizzo. Penso alla discesa fatta di sassi e terra, dall’eremo alla strada asfaltata, e tremo al solo pensiero. Totó lo intuisce, perché si offre subito di darmi un passaggio fino a lì. Ed ecco che io imparo la prima vera lezione di questo camnino: saper accettare che a volte bisogna rallentare. Il mio lato talebano ovviamente è in lutto, perché alla fine accetto il passaggio di Totó. Chi mi conosce sa quanto una cosa simile possa pesarmi. Nei pochi minuti di tragitto cerco di autoconvincermi di aver fatto la cosa giusta, e alla fine so che è così. So che quella mezz’ora di discesa mi avrebbe fatto male, e che fra l’essere talebani e farsi venire la tendinite e l’accettare un passaggio per poi arrivare a piedi a Gangi, io preferisco la seconda.
Arrivati sulla strada asfaltata mi tocca salutare Totó, ma sono quei saluti che sanno tanto di “rivedersi”, in un eremo qualsiasi o in Calabria.
Salutato Totó riprendo a camminare e prendo un sacco di precauziini per il tendine: cerco di scaricare il peso dello zaino più sulle spalle che non sulle gambe, e le discese che faccio, le faccio a zig zag e con l’uso fondamentale dei bastoncini. Ad un certo punto mi trovo davanti all’ingresso di una galleria e mi assale un po’ il panico. Camminare dentro le gallerie é una cosa che non mi piace proprio, mi mette ansia, ma non ho grandi alternative. E poi era un po quello che volevo da questo viaggio, superare tante piccole paure. Per cui testa alta e via. Esco dalla galleria e mi ritrovo di fronte alla Diga sul fiume San Leonardo. È impressionante. Anche qui, per una cresciuta con la fissazione per la diga del Vajont, non è che sia proprio tutta freschezza, ma la attraverso e scatto foto che non rendono assolutamente l’idea dell’impressione che questo posto ha su di me. Altra galleria e poi inizio a salire verso Caccamo. Ad un certo punto, non so come ma mi strofino l’occhio, dimenticando di essere cosparsa di crema solare, e faccio un patatrac. Mi va la crema nell’occhio e inizia a bruciarmi da morire. Mi tocca fermarni e cercare di lavarmi con l’acqua ed un fazzoletto. Per fortuna però, in salita il tendine tira di meno e, tra una pausa e l’altra, alle 11 arrivo a destinazione.
Caccamo mi piace subito, e poi mi danno un monolocale carino con vista castello ed un piccolo balconcino che già amo. Vengo assalita da un momento di sconforto, ma ho le idee molto chiare su cosa voglio e devo fare oggi. Inizio con le attività di routine, doccia e vestiti. Poi mi riposo un po’ finché non scendo al bar di fronte per mangiare un insalatona e chiedere del ghiaccio. Io non so molto sulla tendinite, ma so che ci si mette tanto ghiaccio e Voltaren, ed è quello che farò. Mentre vado in Farmacia faccio la conoscenza di Giovanni e sua moglie Enza. Mi fermo per chiedere indicazioni e ci mettiamo a chiacchierare. Quando scoprono che sto camminando da sola impazziscono. Mi riempiono di raccomandazioni. Con loro c’è anche la madre su una sedia a rotelle. La signora sembra non parlare, ma sul più bello dice alla coppia: “Prendetevi il numero di telefono, così sappiamo se sta bene”. Sono gentilissimi, talmente tanto che quando chiedo del fruttivendolo, mi regalano delle mele perché dicono che è troppo caro. Il marito non si stanca di dirmi che sono pazza, ma io non me la prendo. Così come mia nonna, finiscono per suggerirmi di trovare un fidanzato “ca camina”. Alla fine li ringrazio per la frutta e gli prometto, che quando tornerò a Caccamo passerò a trovarli. Tornata in appartamento faccio sessioni di ghiaccio strategiche ed esco solo per andare a visitare il Castello, che devo dire merita questo mio ultimo sforzo. Il Catello, infatti, è bellissimo. Riesco ad immaginarci mille storie, e ci passo più di 2 ore. Prima di rientrare mi procuro qualcosa per cena e la mangio sul balconcino della camera, con vista castello alle luci del crepuscolo, e mi sembra un momento perfetto.
Poi mi metto a letto. Ho tanta voglia di camminare e la paura della tendinite mi angoscia. Ma ho fatto tutto quello che potevo fare. Adesso mi tocca aspettare domani e vedere cosa succederà.